sabato 22 gennaio 2011

VISIONI E POLITICHE DEL TERRITORIO - Per una nuova alleanza tra urbano e rurale.


Non cercherò di fare una esposizione esaustiva di quanto detto e discusso in questa interessante giornata dedicata interamente a "Problemi e politiche del territorio" perchè troppo ricca di spunti e visioni per essere riportata sistematicamente in questo spazio necessariamente limitato.
      Proverò invece a comunicare alcuni temi e proposte che a mio giudizio in questo momento specifico sono centrali per la costruzione di una corretta "visione" sull'argomento e di conseguenza per intraprendere azioni concrete volte a fermare l'attuale consumo incontrollato di territorio che rischia di travolgere i fondamentali valori di una convivenza armonica e civile e di distruggere territorio, paesaggio, qualità della vita e memoria storica delle nostre radici.
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     La questione centrale attorno alla quale hanno ruotato molte esposizioni successive è stata posta con
"Tra il dire e il fare. Le politiche del territorio in Italia," 
   Perchè si è creato un gap profondo tra progetti territoriali, in particolare regionali ma anche comunali e la loro realizzazione?    Tutto questo è stato la conseguenza di una crisi della pianificazione.   E' subentrata una deregolamentazione che ha lasciato spazio a logiche solo economiche in cui le volontà collettive sono state emarginate.  Nei documenti di pianificazione vi è ancora consapevolezza dei problemi e delle necessarie soluzioni, ma in fase attuativa queste scompaiono.
   Una ragione di ciò è che "il mattone" è stato ed è tuttora considerato fattore imprescindibile (e spesso unico) di sviluppo ed omogeneizzazione. Ad esso è stata sacrificata ogni altra cosiderazione di regolamentazione e controllo del territorio.
   I piani previsionali risultano spesso scollegati dalla reale necessità previsionale di nuovi alloggi, non esiste un rapporto tra  crescita della popolazione e previsione di nuovi alloggi.   Quando poi esistono (o preesistono) piani programmatici più realistici li si bypassa grazie al meccanismo delle deroghe.
   Sul versante legislativo esisterebbero regolamentazioni sia a livello regionale che ad altri livelli che tengono conto della necessità di frenare questo incontrollato consumo di territorio ( Es. la Legge regionale 20/2000 recita al suo interno che si può addivenire a consumo di nuovo territorio solo quando non esistano alternative dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti)  oppure (il P.T.C.P. 2004 contiene l'indicazione di "minimizzare il consumo di territorio") ecc.
   Ma nella reale programmazione la previsione di nuovi alloggi prescinde totalmente da queste indicazioni e prevede una quantità  ingiustificabile di nuove costruzioni.
    La grande  discrepanza tra "costruito" e "venduto" è la prova della non reale necessità di questo mare di cemento che si abbatte sul nostro territorio e del carattere "prettamente speculativo" che questa spinta alla costruzione riveste. La vera ragione di questa spinta al "mattone"  sono gli enormi guadagni ricavati dal passaggio di un terreno da agricolo ad edificabile e dalla conseguente creazione di una rendita fondiaria speculativa che così viene prodotta.
    L'unica azione possibile per contrastare tutto questo è tornare ad ancorare la costruzione di nuovi alloggi alle "reali" necessità abitative e svincolare l'occupazione di territorio da un'idea distorta di sviluppo.
    La pianificazione territoriale è un atto politico che coinvolge l'intera collettività e le generazioni future.   Non può e non deve soggiacere agli impulsi del mercato e ai ricatti dei gruppi di pressione economica.    
Occorre attuare da subito una svolta Etica di Giustizia Territoriale.

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      Esistono differenze significative tra diverse regioni del territorio italiano e queste influenzano pesantemente le politiche relative al territorio che queste adottano ed hanno adottato.
      A questo proposito è interessante riportare il pensiero dell' architetto PIERO CAVALCOLI, la cui relazione aveva per titolo:
"Territorio e federalismo: uno sguardo alla Regione Puglia"
Il tratto fondamentale della sua esperienza è che l'attuale amministrazione regionale, a cui appartiene, si è trovata ad ereditare una situazione dall'amministrazione che li ha preceduti caratterizzata da una quasi totale assenza di fondi, dalla inesistenza di una pregressa pianificazione territoriale e soprattutto dalla non esistenza di una macchina amministrativa per gestire le poche risorse rimaste.
    Una carenza da colmare immediatamente è la conoscenza del territorio causata da un apparato cartografico inadeguato e l'azione intrapresa è l'automatizzazione dell'apparato cartografico.
     Conseguenza diretta di tutto ciò è che per ora non esiste nessun piano poichè tutte le loro energie sono volte alla ricostruzione della macchina amministrativa.
     Gli interventi sul territorio riguardano alcune grandi emergenze ecologiche quali l' ILVA e la CENTRALE TERMOELETTRICA di BRINDISI.
     Concludendo rileva che alla fine il problema  della gestione del territorio per lui si riconduce ad una "questione di bilancio" sia per la regione che per i comuni da cui ne discende la necessità di una "riforma della finanza locale"      Infatti gradualmente il peso della finanza locale è stato trasferito sul mattone. Occorre invertire questa tendenza.              
     A questo riguardo è cruciale in questo momento non lasciare in mano alla LEGA il tema del federalismo fiscale.   Su come esso verrà realizzato si gioca il futuro degli assetti territoriali.  Come lo sta sviluppando la Lega l'unico principio è mantenere gli attuali livelli di reddito, non come mantenerli (ad es. col mattone, come fino ad oggi è avvenuto)
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Per la regione Toscana è intervenuta l'Assessore all'Urbanistica    ANNA MARSON la cui relazione si intitola:
"Verso nuove politiche di territorio per la Regione Toscana"
    Il suo primo assunto è stato: "Oggi la Politica si gioca anche nella impostazione delle politiche"  e si scontra non solo con logiche di mercato ma anche con l'affollarsi di "soggetti oligopolistici" e dalla loro posizione territoriale (es. la costruzione di un'Autostrada Tirrenica o degli aeroporti di PISA e di FIRENZE) 
    Si assiste al tentativo da parte di fondi finanziari di forzare le politiche del territorio attraverso la delocalizzazione degli investimenti produttivi.
     Rileva inoltre che la contrapposizione STATO-MERCATO è errata quando anche lo Stato si muove con logiche capitalistiche.   Occorre invece contrapporre a questi Attori  delle Organizzazioni Collettive che rappresentino i più alti interessi della collettività.
    L'azione statuale quando si esplicita con tagli ai bilanci regionali implica forti riorganizzazioni degli stessi sempre in senso negativo relativamente alle politiche territoriali.
    Per quel che concerne le politiche paesaggistiche adottate, in passato vi era l'identificazione dei Comuni quali attori unici di queste politiche.   
    Ora si sta iniziando a creare un insieme di norme per regolare questa materia e ad introdurre altri attori quali varie competenze professionali ed altri.
     Un primo risultato rilevante di queste politiche è stato di riuscire a regolamentare gli insediamenti fotovoltaici su aree agricole.
     L'attuale piano di organizzazione territoriale deve tenere conto della peculiare caratteristica del territorio toscano  che vede la presenza di vaste zone montane inframezzate da alcune zone pianeggianti dove sono concentrati la maggior parte degl iinsdiamenti abitativi.  
    L'azione intrapresa è stata la creazione di un insieme di norme di inquadramento e di limitazione territoriale relative alle aree a maggior pressione abitativa.    L'esperienza è stata caratterizzata dalla creazione di una progettazione collettiva (con la presenza di tecnici ed operatori provenienti da più comuni)
    Un grosso handicap riscontrato è la lunghezza dei tempi di progettazione che comprendendo sia i livelli tecnici che politici arrivano anche a sei anni.
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      L'ultimo intervento che esporrò si focalizza sugli aspetti economici e fiscali ed è importante perchè inquadra e sintetizza anche le azioni possibili per colmare questo "gap tra il dire ed il fare", richiamando in questo alcuni temi trattati anche nelle relazioni precedenti, quali la ormai prossima attuazione di un federalismo fiscale il cui impatto sulla problematica da noi riportata, a seconda di come verrà realizzato, potrà essere una delle possibili soluzioni o un aggravamento della situazione esisitente.
      Questa relazione, esposta dal prof. ROBERTO CAMAGNI, economista, si intitola:
"Rendita, efficienza e qualità della città"
     Il concetto di   (libero) "Mercato" come autoregolatore di interessi diversi che vengono da esso armonizzati , non esiste.   In realtà esso è solo un incontro di interessi ed egoismi nel quale i più forti prevalgono e schiacciano gli altri.
      Esso ha  perciò bisogno di un insieme di regole.   Il suo agire è completamente dipendente da queste regole nel suo funzionamento, sull'uso dei fattori produttivi (quali sono ad esempio i diritti dei lavoratori),  sull'uso del capitale (che può divenire usura), sull'utilizzo delle risorse naturali.
      E' cruciale perchè vi sia equilibrio dare le regole adeguate ed è la politica che detta queste regole al mercato.         Quando si parla di politica occore anche parlare di livelli: nel nostro caso non solo è fondamentale il livello centrale (o nazionale) ma anche quello regionale.
      La filiera immobiliare è un settore che nel nostro paese non è assolutamente tassato, il plusvalore supera abbondantemente il 100% (dato dal gap tra l'iniziale valore del terreno agricolo ed il valore finale edificato).
      Superare questi interessi richiede un intervento deciso sulla rendita fondiaria (pesante tassazione della stessa) e la responsabilizzazione di chi ne fruisce (ad. es.obbligando ogni successivo compratore a dichiarare il nominativo di chi ha venduto).
      Un altro aspetto che può influire per frenare la corsa al mattone e che agisce a livello locale (comuni) sono gli oneri di urbanizzazione.   Attualmente in Italia essi sono bassissimi, sempre al disotto degli oneri realmente sostenuti e si colloca tra il 2% ed il 5% del valore delle costruzioni.   Per fare qualche esempio alternativo, nella città di MONACO di Baviera esso supera il 30% e con esso viene anche finanziata l'edilizia popolare.   In Spagna in alcune città va dal 10% al 15%.   Sarebbe perciò opportuno che da noi detti oneri venissero pesntemente aumentati, minimo raddoppiati per fungere da freno alla cementificazione imperante.
      Purtroppo l'intreccio dei provvedimenti man mano adottati nei confronti della finanza pubblica locale (comuni) ha ridotto quest'ultima ad essere poco più che l'interfaccia del mercato immobiliare. 
      Per tornare al livello regionale è cruciale agire nella creazione del FEDERALISMO FISCALE. Da come esso verrà realizzato dipenderà la reale influenza sul consumo di territorio.  Se verranno create delle imposte sul capital-gain relativamente alla rendita fondiaria questo agirà da freno al consumo dissennato di territorio.
Altro aspetto che potrebbe essere ignorato ma che è opportuno invece inserire è quello della perequazione interregionale (sanità, ecc)          Ed infine fondamentale sarà intervenire e non solo subire gli interventi che verranno effettuati sulla finanza dei comuni.
    Concludendo, per forzare il capitale territoriale affinchè non continui nella sua folle corsa alla cementificazione eed al consumo dissennato (saccheggio) del territorio, occorre intervenire in tutte le sue componenti, a tutti i livelli (nazionale, regionale, locale) con tutte le risorse disponibili, materiali (tassazione, leggi,ecc) ed immateriali (civismo, socialità,ecc.)
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E' molto probabile che nel fare questa sintesi chi scrive abbia tralasciato, o non correttamente interpretato alcune parti delle relazioni presentate, e di ciò mi scuso, ma successivamente pubblicheremo altro materiale che speriamo possa integrare (o se occorre correggere) eventuali imprecisioni od omissioni.  Resta comunque la convinzione che sia meglio correre questo rischio e dare con rapidità conto dell'importanza degli argomenti trattati piuttosto che rimandare a lungo la pubblicazione.
                                                             Maurizio Vicinelli

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